POST MODIFICATO IL 04.06 IN SEGUITO A RICHIESTA DI RETTIFICA DA PARTE DELL’UFFICIO LEGALE DI UNA ASSOCIAZIONE CITATA NELL’ARTICOLO.
fanatismo
[fa-na-tì-ʃmo]
s.m.
1 Accettazione acritica e incondizionata di una fede, spec. religiosa o politica, che conduce alla superstizione e alla totale intolleranza nei confronti delle opinioni diverse: il violento f. di un popolo
‖ Settarismo, faziosità
L’Italia è diventata il paese dei fanatismi, checché ne dicano i politologi o i cosiddetti giornalisti che sostengono che siamo sempre stati un paese di centro, moderato, esente da prese di posizione particolarmente schierate, come riassumeva la propaganda politica di un partitucolo politico che, una volta ripudiato dal PDL, è sparito dalle mappe della politica italiana, l’UDC. Costoro, senza forse rendersene neanche conto, hanno propugnato un motto che, se il popolo italiano fosse stato non dico intelletualmente onesto, ma almeno intellettualmente e politicamente non analfabeta, avrebbe dovuto portare loro il 90% dei voti. Siamo l’estremo centro, dicevano.
Nelle due inedite novelle raccolte sotto il titolo di “Fragole” del gigantesco joseph Roth, pubblicate recentemente da Adelphi, ritrovo una citazione che definisce in maniera splendida il concetto di moderazione in senso morale, e benché nel caso di specie fosse applicata alla situazione dell’Austria post-imperiale, ben si attaglia alla situazione italiana: “E certamente non è la virtù la guida più fidata di un uomo. L’intero edificio della moralità, costruito con arte e fatica, crolla in una sola ora. Stupisce soltanto la facilità con cui riesce a rimettersi in sesto e risorgere”.
Di virtù ne è rimast ben poca. Scrivo queste righe poco dopo aver visto il film della Guzzanti, Draquila, che pur essendo sufficentemente propagandistico contro il regime dominante in Italia, è sufficientemente ben documentato e instilla curiosità indagatrici a chi è appena abituato a tenere aperti gli occhi.
Ma qui si doveva parlare di fanatismi, o quantomeno fare un discorso introduttivo. Oggi, o da tre minuti ieri, nel momento in cui scrivo queste parole, si festeggiava la Festa della Repubblica. Onestamente da quando ho smesso l’uniforme questa festa è per me sempre meno significante, però nemmeno nella più bieca della caserme mi ricordo di aver assistito, obbligatoriamente, a una messa o una congerie di accozzagliate preghiere che celebrassero il risultatlo del referendum di 64 anni fa. E invece, nel paesello dove ora mi trovo, un corrivo mix di lega e vecchia DC, immigrati meridionali di x+1 generazioni e sindaci legati alle poltrone – questo paese si chiama Ternate e sta in provincia di Varese – fra un inno di Mameli NON suonato, dei bimbi col piffero che maltrattavano l’inno alla gioia di Beethoven e i Xxxxxxx x’Xxxxxx una associazione che si definisce ambientalista ma che ricorda più un esercito, con un picchetto di uomini vestiti di tutto punto in uniformi stirate dalle povere mogli (spero che almeno loro si divertano quando i mariti sono a giocare con camionette che sembrano dismesse dall’Esercito), il solito prete recitava pater nostri e incitava la gente a pregare affinché lo Spiritissanto illuminasse la coscienza dei nostri politici.
Eppure, illuso, pensavo ancora di vivere in uno stato aconfessionale.
Cosa c’entra il fanatismo? C’entra, quando è una chiesa a benedire, o dare il proprio placet alla Bandiera di un Paese, e sono esclusi dal festeggiare quella Bandiera coloro che in quella chiesa non si riconoscono. Soprattutto se l’esclusione deriva, come in questo caso, non da un esplicito anatema dall’opposizione di un muro di estremisti di centro che, come crociati, ricacciano gli altri cittadini coi loro paternostri.